Parigi. Parigi. Parigi.

Il romantico, quello non solo innamorato di qualcuno, ma innamorato dell’amore, a Parigi, sente per forza la sua anima attorcigliarsi in un tripudio di sensazioni.
È qualcosa di indescrivibile e credetemi: bisogna andarci per capirlo fino in fondo, ma io farò del mio meglio per raccontarla, come un poeta che si concede come mero strumento della sua musa, lasciandola esprimersi attraverso di lui.

La cosa migliore da fare è arrendersi, senza pregiudizi, senza aspettative: è sicuramente uno dei posti più turistici al mondo e c’è anche chi la odia o non la apprezza, ma io non sono faccio parte di quella categoria.
Anche dopo mesi dal viaggio, sono rimasta immersa in quelle vie, in quell’arte presente ad ogni angolo, che si specchia sulla Senna. La mia testa è completamente rimasta in quel cafè di Montmartre, con quel profumo di croissant e i fiori di ciliegio rosa intenso.

Dovete lasciare a casa l’armatura e le vostre difese, per permettere che sia la città a guidarvi.

È vero che questa regola può valere per ogni posto al mondo, ma, è qui che ho avvertito più che in qualunque altro luogo fin ora, la necessità di abbandonarmi, di non pensare. Ho aperto la mia mente e ho lasciato che viaggiasse insieme alle mie gambe per tutti i chilometri a piedi che ho fatto in 4 giorni, che non sono abbastanza per vedere tutto, ma sicuramente sono bastati per sedurmi.

Mi è venuta voglia di ballare per la strada, di non avere orari, di godermi ogni dettaglio: dal rumore della persone che parlano, dall’esplorare le vie nascoste, dall’assaggiare macarons e crepe.

E’ uno di questi posti in cui hai bisogno di realizzare di esserci davvero. Il primo pizzicotto l’ho avuto davanti alla Basilica di Sacre Coeur, quando ho rivolto lo sguardo alla città, facendolo correre ovunque: c’erano talmente tante cose da osservare che gli occhi non sapevano su cosa concentrarsi.

 

 

 

Il vero colpo di grazia però, quello che mi ha fatto dire “Okay, sono a Parigi!”, è stato trovarmi per la prima volta ai piedi della Tour Eiffel, circa alle 21, quando ha iniziato a brillare in quella notte limpida di aprile.

Stare in piedi davanti a quel monumento così iconico ed unico, la sera, tutto illuminato, è stato determinante. Anche di giorno la Torre Eiffel è bella e maestosa, ma quando si accende di notte, è tutt’altra cosa. È come un faro che, invece di illuminare la terra per i marinai, illumina la città per i suoi abitanti. E’ speranza, luce, magia.

Forse sono io esagerata ad aver vissuto Parigi come qualcosa di profondamente romantico e, sicuramente, ha contribuito fortemente esserci andata con il ragazzo che amo e il cuore già scoppiettante di eccitazione, ma, come si suol dire, vedere per credere. Parigi è ricca di tanto altro, non tutto magico e positivo ovviamente, ma per come l’ho vissuta io, resta una città dalla quale, a prescindere, prima o poi, vale la pena lasciarsi affascinare.

Voi ci siete mai stati? Come vi siete sentiti? Fateci sapere su Instagram e restate con noi per altre curiosità su Parigi!

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